Il gioco dell’architettura. Wittgenstein e la casa
a Vienna.
Nella Vienna di
inizio secolo vi erano grandi movimenti culturali ed artistici, Karl Kraus,
Schoenberg, Klimt, Boltzmann solo per citarne alcuni in ambiti diversi sono i
veri protagonisti della capitale asburgica.
Ma una figura
particolare spicca su tutte: Ludwig Wittgestein filosolo, intellettuale e anche
architetto. Figlio di un ricchissimo magnate viennese, Karl, imprenditore di
successo nel campo dell’acciaieria, Ludwig avrà una vita difficile ma intensa.
Era il più giovane
di sette fratelli, di cui tre morti suicidi in giovane età e il più noto fu
Paul il quale pur avendo perso il braccio destro divenne un pianista di
successo e commissionò un’opera per pianoforte per una sola mano a Richard
Strauss e Maurice Ravel il famoso Concerto per mano sinistra.
La formazione di
Ludwig fu prettamente scientifica, studiando ingegneria a Linz, occupazione
fortemente voluta dal padre. In casa Wittgestein si respirava fortissima l’aria
colta della musica viennese, non solo il padre era assiduo frequentatore dei
musicisti viennesi, ma anche le figlie avevano intrapreso la carriera musicale.
Come Ludwig Wittgestein sia arrivato alla filosofia è cosa poco nota, sappiamo
che conosceva l’opera dei suoi contemporanei viennesi Weininger, Kraus e Loos
di cui era amico personale. Ammirava Tolstoj e Kiekegaard e ammetteva di essere
stato influenzato dal libro di Oswald Spengler Il tramonto dell’Occidente.
La costruzione
della casa per la sorella Margaret arriva in un periodo piuttosto buio per
Wittgestein, nel 1921 riuscì a pubblicare la sua prima e forse insuperata opera
il Tractatus Logico-Philofophicus, grazie soprattutto all’aiuto di Bertrand
Russell, che credette subito in lui e stabilì un sodalizio che purtroppo per il
carattere forte di Ludwing e soprattutto perchè le sue idee si scostavano da
quelle del “maestro” Russell, durò solo pochi anni. La pubblicazione del
Tractatus segnò una svolta in Wittgestein convinto con quel libro “di aver
definitivamente risolto nell’essenziale i problemi”, con uno scatto d’orgoglio
forse pari a quello di Hegel che considerava morta qualsiasi filosofia dopo la
sua, decise di cambiare vita e dedicarsi all’insegnamento alle scuole
elementari. Fu un esperienza forte quella dell’insegnamento che tuttavia si
concluse per difficoltà di convivenza con colleghi e superiori, e per il metodo
troppo innovativo di insegnamento di Wittgestein: leggiamo alcuni passi da una
lettera della sorella Hemine: “Per molti aspetti Ludwig è un maestro nato;
tutto lo interessa e sa ricavare da tutto l’essenziale e renderlo chiaro. Ebbi
io stessa un paio di volte l’occasione di osservare Ludwig insegnare (…); era
per noi tutti una grande gioia, egli non esponeva soltanto cercava di condurre
i bambini alla giusta soluzione per mezzo di domande.”
Alcuni critici
hanno letto in questa esperienza un avvicinarsi al mondo ciò un mettere in
pratica le idee del Tractatus e vedere se erano applicabili alla vita reale, io
non sono d’accordo su questo penso sia un unicum la vita di Wittgestein una
continua ricerca sul mondo reale e quello intellettuale. Dopo l’esperienza come
insegnante finita male Wittgestein, si mise a fare il giardiniere in un
convento di frati e sembrava prossima una sua conversione alla vita monastica,
ma la sorella Margaret vedendolo così affranto e demotivato lo affiancò nella
progettazione della sua casa sulla Kundmangasse questo è quanto si evince da
una lettera della sorella Margaret che cercava un mezzo terapeutico delle turbe
di Ludwing derivate dalla guerra. Tuttavia esiste una lettera scritta nel 1925
da Ludwig stesso dalla quale si capisce la sua ferma volotà di partecipare alla
progettazione della casa assieme alla sorella e all’achitetto incaricato per
l’opera Paul Engelmann. Costui era allievo di Loos e inserito nell’alta società
viennese, per l’altra sorella Hamine aveva già arredato egregiamente un suo
appartamento. Fu una collaborazione molto stretta fra Engelmann e Wittgestein che
alla fine prese lui tutte le decisioni con una caparbietà e una precisione
febbrile.
Ludwig si
appassionò molto all’architettura come formazione propria e sul mondo, arrivò a
dire: “Il lavoro sulla filosofia – come spesso il lavoro in architettura – è in
verità più di un lavoro su se stessi, sul proprio modo di pensare; sul proprio
modo di vedere le cose. (E su ciò che ci aspettiamo da esse). “
Furono due anni
intensi per Wittgestein: “quando stavo costruendo la casa per mia sorella ero
talmente esausto alla fine della giornata che tutto quello che potevo fare era
andare a vedere un film”. Una appassionata avventura che lo vide interfacciarsi
con la committente, sua sorella molto esigente, il progettista incaricato Paul
Engelmann e le ditte costruttrici, tra l’altro sempre pronte a seguire i
piccoli spostamenti di qualche centimetro della casa. Famoso è quel
ribassamento di tre centimetri del solaio quando era già stato costruito e si è
dovuto smantellarlo e riadattalo alle esigenze di Ludwig.
Tuttavia a differenza
di molti critici noi siamo con quelli che non considerano la casa per la
sorella il teorema pietrificato del Tractatus logicus-philosophicus. Scrive
Amendolagine: “Percorrere oggi la Kundmangasse, che porta al piccolo ingresso
pedonale della casa n. 19, con il Tractatus in mano, scandendone i paragrafi
come se ci trovassimo di fronte ad un “immattonimento” è un errore che rivela
immediatamente i suoi limiti metodologici”. La casa non è una pura forma logica
concretizzatasi come la definisce nei ricordi la sorella Hermine.
Da fuori ricorda
subito l’influenza delle case loosiane (fig 1,2,3) e del movimento moderno,
priva di ornamenti, con gli spigoli vivi, le scossaline quasi invisibili per
poter risaltare i volumi puri dell’edificio;
Fig.
1 Casa Wittgenstein
ma entrando si percepisce subito la distanza da
Loos (fig.4), i percorsi loosiani sono tortuosi, quelli di Wittgestein sono
molto schematici.
Fig.
4 Casa Wittgenstein. Pianta e sezione.
L’atrio è il centro
della composizione, l’unico locale con pilastri la cui sommità rivela
un’assenza: si assotiglia, quasi uno schiaffo al capitello gotico. La struttura
portante è a vista nell’atrio, quasi una rievocazione del primitivo trilite. I materiali
sono poveri potremmo dire senza qualità , anche qui la distanza da Loos è
notevole, lui sostituiva i materiali all’ornamento, in villa Muller le venature
del marmo diventano ornamento. La casa Wittgestein presuppone una lettura lenta
ed attenta, egli dice:”Talvolta una proposizione può essere compresa solo
leggendola col ritmo giusto. Le mie proposizioni vanno lette tutte lentamente”.
“perchè vorrei essere letto lentamente”. Un elogio della lentezza.
Il filosofo si
accorge subito del gioco compositivo della progettazione è molto simile al
gioco linguistico, ci sono delle regole da rispettare. La casa segue la
regola della simmetria, ma non di tutta la casa di ogni stanza, ogni locale
deve essere simmetrico (fig. 5), e lo sforzo di Wittgestein sta nel perseguire
questa regola, ma si rende conto che una stanza influenza quella attigua, la
sua disposizione non regge a quelle che sono le intenzioni. E qui ci troviamo
di fronte all’empasse “non, v’è tra volontà e mondo una connessione logica che
garantisca ciò”.
Fig. 5 Casa Wittgenstein. Simmetrie
interne.
Il fatto progettuale e il fatto costruttivo si
scontrano, la volontà di seguire una regola si scontra con il mondo con i fatti
accidentali. Nel progetto spesso si incorre in contraddizioni, la regola ha
bisogno di nuove regole per non essere contraddetta, (vedi termosifone ad
angolo fig. 6) e risolta.
Fig.
6 Casa Wittgenstein. Dettaglio termosifone ad angolo.
A mio avviso la
contraddizione viene esplicitata non risolta, come nelle fughe della pavimentazione
dell’atrio (fig. 7) in cui la simmetria viene sorretta con fatica pur rivelando
alcune contraddizioni.
Fig.
7 Casa Wittgenstein. Pavimentazione dell’atrio.
Questo scarto tra
progetto e mondo Wittgestein lo esemplifica nell’aforisma: “il mondo è
indipendente dalla mia volontà”. E, mentre Daniele Pisani nell’ultimo libro
“L’architettura è un gesto” afferma giustamente che “la casa insegna che al
massimo rigore corrisponde la contraddizione tra le diverse regole”,
Amedolagine nel saggio La casa di Wittgestain a mio avviso non se ne discosta
molto citando a sua volta un aforisma di Wittgestain “Le regole sono
istituzioni per il gioco, e fintanto che io posso giocare, esse devono essere
in ordine. Esse cessano di essere in ordine non appena io non posso più
applicarle; fintanto che io posso giocare non v’è alcun problema”.
Infine la lettura
che Pisani fa della casa pur nella sua scientificità pecca a mio avviso di
troppo meccanicismo, è lo stesso Wittgestein che mette in guardia: “individuare
un meccanismo è solo trovare una concomitanza. Si potrebbe provare che nessuno
mai ha individuato un meccanismo senza aver avuto esperienze di un certo tipo.
Si potrebbe esprimere questo nella forma “tutto si riduce a concomitanza”.
Bibliografia:
Ludwig Wittgenstein,
Tractatus Logico-Philosophicus, ed. Einaudi Torino 1989.
Ludwing
Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi 1980
A. Janil-S.
Toulmin, La grande Vienna,Garzanti, 1975
Daniele Pisani,
L’architettura è un gesto, Quodlibet Studio, 2011
F. Amendolagine- M.
Cacciari, Oikos da Loos a Wittgenstein, Officina edizioni, 1975
Th. Bernhard, Il
nipote di Wittgestein, Adelphi, 1989








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